L’impatto del genere nella policitemia vera

Commento a cura della Dott.ssa Mora
In oncoematologia, differenze di incidenza, presentazione e prognosi tra genere maschile e femminile possono dipendere da molteplici fattori, tra cui diversità nell’attivazione di pathway molecolari, nella funzione del sistema immunitario, nell’espressione degli ormoni sessuali e nel metabolismo dei farmaci. Informazioni relative al ruolo del sesso nelle neoplasie mieloproliferative croniche (NMC) sono contenute. La Policitemia Vera (PV) è una NMC caratterizzata da criteri diagnostici correlati al genere, inoltre da rilevante burden sintomatologico e da rischio di severe complicanze a lungo termine. Pertanto, in questa revisione della letteratura, si è cercato di fare luce sull’impatto del sesso femminile sull’andamento di questa patologia, al fine di evidenziare possibili aspetti di gestione personalizzata dei pazienti affetti da PV.

Background

È noto ormai da tempo che vi siano discrepanze di genere in termini di incidenza, risposta alle terapie e prognosi nell’ambito di diverse neoplasie solide ed ematologiche. Di recente, è aumentato l’interesse nel comprendere l’impatto del genere sulla fisiopatologia e sull’andamento anche nelle NMC. Il seguente articolo si propone di riassumere i dati relativi all’influenza del sesso femminile sulla biologia e sugli outcome clinici della PV.
Metodi
È stata condotta una ricerca in letteratura, utilizzando PubMed e Web of Science. Sono stati presi in considerazione articoli pubblicati tra il 1956 e Marzo 2020.
Considerando le differenze fisiologiche dei livelli di emoglobina che si riscontrano tra i due sessi, i criteri diagnostici per la PV tengono in considerazione valori soglia maggiori per gli uomini rispetto alle donne. Il gap tra i due sessi è stato in ogni caso ridotto nell’ultima classificazione (2016), al fine di una diagnosi precoce.
Alla diagnosi, le pazienti donne con PV presentano meno di frequente una mutazione omozigote in JAK2 rispetto ai pazienti maschi. Inoltre, durante il follow-up a lungo termine, il burden allelico della mutazione risulta significativamente maggiore negli uomini.

Relativamente al profilo di espressione genica delle cellule CD34+ circolanti, le donne presentano un minor numero di geni espressi rispetto agli uomini, ma un’attivazione decisamente superiore di alcuni pathway molecolari. Per esempio, la via dei pentoso fosfati e quella relativa alla sintesi degli acidi grassi non risultano attive nei maschi. Questo suggerisce che specifici pattern di espressione genica possano essere rilevanti nella patogenesi della PV nelle donne.
Lo studio ECLAP ha evidenziato che il tasso di pregressa trombosi arteriosa è inferiore nelle donne, probabilmente per la ridotta incidenza di alcuni fattori di rischio cardiovascolari. Dall’altro lato, una storia di trombosi venosa, soprattutto in sede splancnica, risulta più frequente nel sesso femminile, verosimilmente per motivi ormonali.

Analizzando studi sui questionari standardizzati relativi ai sintomi, le donne riportano con maggior frequenza disturbi microvascolari, anche se la qualità della vita non sembra essere differente tra generi.

Diverse evidenze dimostrano che il rischio di eventi trombotici successivi alla diagnosi nei pazienti affetti da PV non è influenzato dal sesso.
L’impatto del genere sulla sopravvivenza dei pazienti con PV è ancora oggetto di dibattito. Il modello prognostico più utilizzato (IWG-MRT) in effetti non include tale parametro tra le variabili rilevanti.

Ad oggi il sesso femminile sembra essere associato a minor rischio di evoluzione in mielofibrosi secondaria (MFS), mentre dati conflittuali sono stati riportati in merito all’impatto sulla transizione in fase blastica.

Nello studio MYSEC su pazienti affetti da MFS è stato osservato che le donne affette da PV ed evolute in MFS hanno un tempo alla progressione, un fenotipo e una prognosi simili alla controparte maschile.

Conclusioni

Per decenni, le differenze tra generi nella PV non sono state considerate come prioritarie, vista anche la rarità di questa neoplasia. Negli ultimi anni, la necessità di individuare trattamenti efficienti ha portato a un aumento della comprensione della fisiopatologia, dei fattori di rischio per trombosi e della prognosi. In questo contesto il genere femminile sta emergendo come possibile fattore modificatore della malattia, anche se il suo ruolo sotto molto aspetti rimane ancora da definire. I risultati di questa review suggeriscono in ogni caso l’importanza della ricerca clinica e traslazionale basata sul genere.

Bibliografia

Palandri F et al. Is there a gender effect in polycythemia vera? Ann Hematol 2021; 100(1): 11-25.
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